Videopoesia, questa sconosciuta.

Poesia. Molti la scrivono, pochi la leggono, ancora meno la ascoltano. E quasi nessuno la guarda. L’abbinamento tra immagini e parola poetica  è difficile. Se c’è una storia, illustro la storia. Se ci sono dei personaggi, li faccio vedere, li faccio muovere, li faccio parlare. Ma se la storia non c’è? O se ci sono più storie possibili, molte immagini intrecciate tra loro, indefinite, contraddittorie, fuori dalla logica comune? Il rischio di tradurle in un video è quello della semplificazione, della banalizzazione. E perché poi dovremmo farci suggerire delle visioni da qualcun altro, quando il bello della poesia è che le visioni, i pensieri, riescono a sottrarsi alle solite evidenze, seguono percorsi più nascosti e privati? Forse l’unica soluzione è che il video trovi una via tutta sua, parallela alle immagini ma individuale. Che segua e potenzi l’atmosfera delle parole, rinunciando a illustrarle, e trovando un suo personale stile. Questa è stata la scelta della videomaker Barbara Bernardi, che ha girato un video su una mia poesia, vincendo il primo premio per la sezione di videopoetry al Concorso internazionale di Letteratura Città di Cattolica.

Una curiosità: il video è stato girato in uno dei posti più affascinanti della ex Berlino est, il palazzo della Funkhaus, ora in parte chiuso al pubblico in parte adibito ad atelier di artisti, con i suoi meravigliosi studi di registrazione anni Sessanta.

Ed ecco qui il video, con la voce dell’attore Carlo Loiudice.

Comincia il settembre dei festival: il 29 agosto al via Parolario, letteratura, poesia, filosofia sul lago di Como

villa Gallia

Cari lettori di poesia, è ora di alzarsi dal divano e programmare qualche viaggio su e giù per l’Italia. Si avvicina settembre e con lui i festival di letteratura. Il primo a partire, con un programma molto nutrito (l’aggettivo non è casuale, visto che si parla anche molto di cibo), è Parolario. Si parla di letteratura, filosofia, storia, architettura, gastronomia e poesia, con vari appuntamenti (per esempio il film dedicato alla “vita irrimediabile” della poetessa Antonia Pozzi programmato per il 3 settembre), la presentazione dell’antologia 2014 del premio di Letteratura Città di Como (il 6 settembre), e un incontro con Lorenzo Morandotti, poeta che è stato nostro ospite poco tempo fa (il 30 agosto), in occasione del suo libro di aforismi Crani e topi . Molto poetici anche i luoghi: dalle ville neoclassiche che punteggiano la riva del Lario tra Como e Cernobbio, a posti più “alternativi”, come lo storico Hangar degli idrovolanti. Qui il programma:

http://parolario.it/Parolario-2014/Programma

Molti eventi saranno presentati in collaborazione con la rivista Satisfaction.me,  per esempio i colloqui con il romanziere -architetto Gianni Biondillo: http://www.satisfiction.me/satisfiction-parolario-gli-eventi-2014/

Poesia da vedere? Sì, con i festival di videopoesia

zebra film festival 2014

Mai pensato, le poesie, di ascoltarle e soprattutto di guardarle, invece di leggerle?

Un genere – poco conosciuto ma non per questo meno affascinante – è quello della videopoesia. E si moltiplicano i festival e le iniziative che mostrano video montati su versi di poeti conosciuti o scritti per l’occasione.

In Italia segnalo il concorso legato al festival della poesia di Treviglio, i cui video vincitori delle scorse edizioni si possono vedere alla pagina www.videopoesia.org. A Roma tenete d’occhio il Roma poetry film festival (www.doctorclip.org). Per il 2014 non è ancora previsto niente, ma non si sa mai.

Un festival che si svolge regolarmente è il Zebra Film Festival di Berlino. Se siete nella capitale tedesca a fine ottobre, non perdetevelo: http://www.literaturwerkstatt.org/en/zebra-poetry-film-festival/das-zebra-poetry-film-festival/about/

Nella prima settimana di novembre, invece, la videopoesia si sposta a Vienna, per l’Art visuals and Poetry Film Festival (http://www.poetry.or.at/).

Ad Atene a dicembre sarà il turno dell’International Poetry Film festival (http://theinstituteinfo.blogspot.gr/). E in Olanda tenete d’occhio il Felix Poetry Festival: l’edizione di quest’anno è stata a giugno, ma gli organizzatori sono molto attivi: http://filmpoem.com/.

Insomma, non mi resta che augurarvi buona visione!

“And remember: smile not terrorist”. Rafeef Ziadah

Ci sono numeri che contano (per esempio i goal fatti in una partita) e numeri che non contano (per esempio i  “danni collaterali” uccisi a Gaza). Poi c’è la poesia.

 

Today, my body was a TV’d massacre.

Today, my body was a TV’d massacre that had to fit into sound-bites and word limits.

Today, my body was a TV’d massacre that had to fit into sound-bites and word limits filled enough with statistics to counter measured response.

And I perfected my English and I learned my UN resolutions.

But still, he asked me, Ms. Ziadah, don’t you think that everything would be resolved if you would just stop teaching so much hatred to your children?

I look inside of me for strength to be patient but patience is not at the tip of my tongue as the bombs drop over Gaza.

Patience has just escaped me.

Pause. Smile.

We teach life, sir.

Rafeef, remember to smile.

We teach life, sir.

We Palestinians teach life after they have occupied the last sky.

We teach life after they have built their settlements and apartheid walls, after the last skies.

We teach life, sir.

But today, my body was a TV’d massacre made to fit into sound-bites and word limits.

And just give us a story, a human story.

You see, this is not political.

We just want to tell people about you and your people so give us a human story.

Don’t mention that word “apartheid” and “occupation”.

This is not political.

You have to help me as a journalist to help you tell your story which is not a political story.

Today, my body was a TV’d massacre.

How about you give us a story of a woman in Gaza who needs medication?

How about you?

Do you have enough bone-broken limbs to cover the sun?

Hand me over your dead and give me the list of their names in one thousand two hundred word limits.

Today, my body was a TV’d massacre that had to fit into sound-bites and word limits and move those that are desensitized to terrorist blood.

But they felt sorry.

They felt sorry for the cattle over Gaza.

So, I give them UN resolutions and statistics and we condemn and we deplore and we reject.

And these are not two equal sides: occupier and occupied.

And a hundred dead, two hundred dead, and a thousand dead.

And between that, war crime and massacre, I vent out words and smile “not exotic”, “not terrorist”.

And I recount, I recount a hundred dead, a thousand dead.

Is anyone out there?

Will anyone listen?

I wish I could wail over their bodies.

I wish I could just run barefoot in every refugee camp and hold every child, cover their ears so they wouldn’t have to hear the sound of bombing for the rest of their life the way I do.

Today, my body was a TV’d massacre

And let me just tell you, there’s nothing your UN resolutions have ever done about this.

And no sound-bite, no sound-bite I come up with, no matter how good my English gets, no sound-bite, no sound-bite, no sound-bite, no sound-bite will bring them back to life.

No sound-bite will fix this.

We teach life, sir.

We teach life, sir.

We Palestinians wake up every morning to teach the rest of the world life, sir

 

(Trascrizione dal blog: blissonature.wordpress.com)

Non solo calcio: rap, protesta e poesia dal Brasile.

Criolo

Criolo

È la megastar delle megalopoli. È il rapper nato in una favela di San Paolo che canta la protesta e i cui video su youtube toccano i milioni di visite. Il rapper che dice le contraddizioni del Brasile e della sua città, „un bouquet di fiori morti  dove i bar sono pieni e le anime così vuote“. Ed è il rapper che a Berlino viene investito ufficialmente anche della carica di poeta. Applauditissima la sua performance mentre legge accompagnato da un dj e dalle forti immagini delle proteste contro i Mondiali.

Oggi niente testo. Criolo non è da leggere, ma da ascoltare.

 

E qui la sua pagina, in portoghese ed inglese:

http://www.criolo.net/en/home.html

Non sempre le Muse bevono il tè. Dal Sudafrica la voce di Philippa Yaa De Villiers

 

Vengo da una tradizione orale e la mia poesia è fatta per essere letta ad alta voce, è fatta per essere vissuta e comunicata”. La voce della sudafricana Philippa Yaa De Villiers è sonora e irresistibile già quando parla in prosa; figuarsi quando recita le sue poesie; poesie che sono appunto costruite in gran parte su musicalità e ritmo. “Amo la ripetizione – spiega la poetessa ad un incontro organizzato a Berlino nell’ambito del Poesiefestival -. La ripetizione, la costruzione di uno schema sono ciò che ci permette di mettere ordine in quel grande caos che è la realtà”.

E di realtà caotiche e drammatiche la De Villiers se ne intende. Nata nel 1966, cresce nel Sudafrica delle lotta contro l’Apartheid e contro le ingiustizie sociali e razziali presenti nel suo paese: “Un sogno ancora da realizzare”, commenta. Le sue poesie si confrontano con la povertà, con la mancanza di libertà, con l’ingiustizia. Sono ritratti, piccole epopee di gente altrimenti senza voce, mai retoriche, anzi, con quel twist di ironia – alle volte malinconica, alle volte compassionevole, alle volte durissima – che le rende preziose, al di là dell’apparente facilità e orecchiabilità.

Ecco un esempio:

Musa

Dico alla mia Musa: Sei sempre qui a perdere tempo.

Lei è a letto a leggere poesie. Dico:

Altre Muse devono portare acqua per miglia e miglia.

Lei mi prega di prepararle un tè.

Dalla cucina le grido: “Non è che vuoi anche un biscotto?”

Non è necessario, dice lei. Non è avida o cose così e ripete

almeno due volte al giorno che mi ama.

Lo stesso ho l’impressione che mi stia sfruttando.

Di questi tempi non si riesce a trovare nessuno di affidabile, tutto qui.

Nel mezzo della notte

si aggira per la casa

e io dico, torna a letto,

lei risponde : Psssst…Non senti come si amano le foglie

con che grave peso batte il cuore delle case.

Una gru scava nelle tasche dei monti…

E io resto ferma in ascolto

ma sento solo il suo respiro

vedo la città sorpresa

ribollire

nello specchio

dei suoi occhi come fanali.

 

Un esempio della sua poesia dal vivo qui: 

 

Genova città poetica: al via il Festival di poesia Parole Spalancate

Montee vers Castelletto

“Genova mia città intera. / Geranio. Polveriera.” cantava Giorgio Caproni in Litania, la sua dichiarazione d’amore alla città.

E dalla Genova con quel mare scuro che si muove anche di notte, ai vicoli dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi (Paolo Conte e De Andrè), alla città dove sentirsi nello stesso tempo sperduti e a casa, bambini e stranieri, come scrive Paul Valéry, Genova è sempre stata città poetica per eccellenza.

Io a Genova mi sono persa e sperduta e ritrovata parecchie volte l’anno scorso, seguendo la parte finale del’annuale festival di poesia tra caruggi, scalinate e piazzette ombrose di magnolie,con struggenti scorci sui tetti grigi e il mare. Ho ascoltato voci dall’Italia, dalla Francia, dal Marocco, dai Balcani, dalla Grecia, e approfittato delle pause per un bella frittura a Sottoripa o una farinata in via Del Campo (tanto per unire il dilettevole al dilettevole).

Quest’anno il Festival “Parole spalancate”, organizzato dal poeta Claudio Pozzani, arriva alla ventesima edizione e propone un programma ricchissimo: oggi la poesia del Mediterraneo di Voix Vives, e poi, da domani e per tutta la settimana appuntamenti con poeti da tutto il mondo (il nome più di richiamo è Michel Houellebecq, ma secondo me il bello di un festival è ascoltare non solo i personaggi già conosciuti, ma lasciarsi andare alla scoperta delle novità), spettacoli (per esempio Pippo del Bono), una ventiquattr’ore di letture di poesia il 13 giugno, percorsi attraverso la città dedicati per esempio a Paul Valéry o a Dino Campana, e per noi golosi gli “aperitivi poetici”. Qui trovate il programma dettagliato.

http://www.festivalpoesia.org/blog/parolespalancate-programma

A me rimangono i versi di Caproni: “Genova dove non vivo. Mio nome, sostantivo”. Voi, se ci abitate più vicini, andateci.

Vi consiglio anche una guida turistica un po’ speciale, per scoprire la città da una prospettiva diversa rispetto al solito acquario:“Mi sono perso  a Genova” di Maurizio Maggiani.

O rileggetevi un’altra poesia di Giorgio Caproni, attendendo di prendere l’ascensore che sale al belvedere di Castelletto:

L’Ascensore

Quando andrò in paradiso
non voglio che una campana
lunga sappia di tegola
all’alba – d’acqua piovana.

Quando mi sarò deciso
d’andarci, in paradiso
ci andrò con l’ascensore
di Castelletto, nelle ore notturne,
rubando un poco
di tempo al mio riposo.

Ci andrò rubando (forse
di bocca) dei pezzettini
di pane ai miei due bambini.
Ma là sentirò alitare
la luce nera del mare
fra le mie ciglia, e… forse
(forse) sul belvedere
dove si sta in vestaglia,
chissà che fra la ragazzaglia
aizzata (fra le leggiadre
giovani in libera uscita
con cipria e odor di vita
viva) non riconosca
sotto un fanale mia madre.

Con lei mi metterò a guardare
le candide luci sul mare.
Staremo alla ringhiera
di ferro – saremo soli
e fidanzati, come
mai in tanti anni siam stati.
E quando le si farà a puntini,
al brivido della ringhiera,
la pelle lungo le braccia,
allora con la sua diaccia
spalla se n’andrà lontana:
la voce le si farà di cera
nel buio che la assottiglia,
dicendo “Giorgio, oh mio Giorgio
caro: tu hai una famiglia.”

E io dovrò ridiscendere,
forse tornare a Roma.
Dovrò tornare a attendere
(forse) che una paloma
bianca da una canzone per radio,
sulla mia stanca
spalla si posi. E alfine
(alfine) dovrò riporre
la penna, chiuder la càntera:
“È festa”, dire a Rina
e al maschio, e alla mia bambina.

E il cuore lo avrò di cenere
udendo quella campana,
udendo sapor di tegole,
l’inverno dell’acqua piovana.

Ma no! se mi sarò deciso
un giorno, pel paradiso
io prenderò l’ascensore
di Castelletto, nelle ore
notturne, rubando un poco
di tempo al mio riposo.

Ruberò anche una rosa
che poi, dolce mia sposa,
ti muterò in veleno
lasciandoti a pianterreno
mite per dirmi: “Ciao,
scrivimi qualche volta,”
mentre chiusa la porta
e allentatosi il freno
un brivido il vetro ha scosso.

E allora sarò commosso
fino a rompermi il cuore:
io sentirò crollare
sui tegoli le mie più amare
lacrime, e dirò “Chi suona,
chi suona questa campana
d’acqua che lava altr’acqua
piovana e non mi perdona?”

E mentre, stando a terreno,
mite tu dirai: “Ciao, scrivi,”
ancora scuotendo il freno
un poco i vetri, tra i vivi
viva col tuo fazzoletto
timida a sospirare
io ti vedrò restare
sola sopra la terra:

proprio come il giorno stesso
che ti lasciai per la guerra.

Berlino città poetica. E politica.

Taksim Square Book Club

 

Se siete dalle parti di Berlino e vi piace la poesia non mancate il quindicesimo Festival della Poesia berlinese che comincia giovedì prossimo.

È un festival che fa le cose in grande: una serata inaugurale  nella rinomata Akademie der Künste con nomi di grande richiamo,  e in diversi quartieri della città – dai più vivaci come Kreuzberg e Neukölln, ai più posati come Charlottenburg, a quelli con la fama di “difficili” come Lichtenberg – si terranno letture informali gratuite e di facile accesso, i cosiddetti Poets Corner.

Ma in particolare c’è una serata che io non ho intenzione di perdere. È sabato 7 giugno ed è tutta dedicata alla poesia sorta parallelamente al movimento di contestazione di Gezi Park.
Ve lo ricordate, Gezi Park? Una pacifica protesta per salvare il poco verde del centro di Istanbul si è trasformata l’anno scorso, a causa della violenta repressione e censura del governo, in una protesta nazionale.

Ma che c’entra la poesia con la protesta? L’opera poetica non è un qualcosa di personale, individuale,  oppure qualcosa che viene sempre dopo, quando la protesta è finito, e al massimo è capace di raccontarla e rielaborarla nei versi?

Sicuramente non in questo caso: per esempio, durante le silenziose proteste degli “standing men”, “duranadam”, venivano lette e distribuite opere poetiche (è diventato un’icona il ragazzo che leggeva ad alta voce in piedi davanti ad una ruspa); versi venivano scritti sulle facciate delle case e dappertutto venivano organizzate letture e performance di poesia.

Sono molto curiosa di vedere, e ascoltare, gli ospiti presenti all’evento.  Nonché di vedere che pubblico sarà presente, e con che modalità, visto che a Berlino risiede una larghissima comunità turca. Sono anche curiosa di ascoltare il concerto finale: rap turco (non ci capisco niente, ma pare abbastanza arrabbiato) della band Panzehir.

Se invece vi incuriosisce il rapporto tra poesia e arti visuali, soprattutto video, la serata di domenica 8 giugno, con la “serata del film poetico”.

Qui il programma del festival, in inglese:

http://www.literaturwerkstatt.org/en/poesiefestival-berlin/programm-2013/gesamtuebersicht-201

 

 

Poesia in riva al mare: perché no? Il Festival di poesia del Mediterraneo “Voix vives”.

Mettiamo che vogliate leggere poesie contemporanee. Mettiamo che non siate esperti del settore, che non abbiate liste di letteratura critica, che non abbiate amici poeti che vi consigliano, e che le librerie nelle vostre vicinanze abbiano un reparto dedicato alla poesia che contiene giusto il repertorio di default, un paio di Baudelaire e le raccolte di Gibran e Hesse.

Non vi rimane che affidarvi ai motori di ricerca. E qui il gioco si fa duro: non perché ci sia troppo poco, ma perché c’è troppo. A chi affidarsi? Cosa leggere? Dove? E queste lunghe, infite liste di nomi, bisogna cliccarli tutti?

È per questo che mi piacciono i festival di poesia: mi semplificano le cose. Mi servono i bocconcini, diciamo, sul piatto, e spesso si tratta di prelibatezze.

E ascoltare la poesia letta in lingua originale dagli autori è – nella maggior parte dei casi – una prelibatezza ulteriore.

Certo, direte voi, si tratta di un hobby un po’ costoso, frequentare festival di poesia in giro per il mondo.

La buona notizia è che spesso queste manifestazioni vengono organizzate in posti bellissimi – e magari fuori dai giri dei percorsi turistici più battuti. Posti da scoprire, insomma. Quindi si possono abbinare vacanze e poesie. Se volete programmarvi le ferie curiosando tra qualche festival, ecco un primo consiglio.

Il festival che personalmente mi fa più gola è il Festival che si svolge a Sète, nel sud della Francia, ogni luglio. Non solo Sète è la città natale di Paul Valéry, è anche una cittadina deliziosa su una lingua di terra tra una laguna e il mare. E il festival “Voix vives”, “Voci vive”, dedicato alla poesia del Mediterraneo (con ospiti degli “altri Mediterranei del mondo”, per esempio il Sud America), ha una grande tradizione e un programma assolutamente appetitoso. Interessanti e ben curate sono anche le antologie annuali pubblicate in occasione del festival.

Ecco il sito ufficiale di Voix Vives, quest’anno dal 18 al 26 luglio.

http://voixvivesmediterranee.com

Se Sète non vi interessa, ma i poeti sì, potete andare alle altre manifestazioni del Festival, in tre città (tutte bellissime) del Mediterraneo.

Il prossimo appuntamento sarà questo venerdì e sabato a Tunisi, nel quartiere di Sidi Bou Saïd:

http://voixvivesmediterranee.com/sidibousaid/

 

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Poi sarà ci sarà una tappa a Genova (in occasione del Festival della poesia di Genova), il 6/7 giugno. Il vantaggio di andare a Genova (oltre al fatto che Genova è una città tutta da scoprire): le poesie sono tradotte in italiano…

http://voixvivesmediterranee.com/genova/it/

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Per finire con Toledo il 5/6/7 settembre:

http://voixvivesmediterranee.com/toledo/

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(Immagini tratte dal sito di “Voix Vives”)

 

Articolo da abbinare possibilmente a: Pastis profumato da sorseggiare in riva al mare, fiume, lago, o pozzanghera, in mancanza di meglio.