Berlino città poetica. E politica.

Taksim Square Book Club

 

Se siete dalle parti di Berlino e vi piace la poesia non mancate il quindicesimo Festival della Poesia berlinese che comincia giovedì prossimo.

È un festival che fa le cose in grande: una serata inaugurale  nella rinomata Akademie der Künste con nomi di grande richiamo,  e in diversi quartieri della città – dai più vivaci come Kreuzberg e Neukölln, ai più posati come Charlottenburg, a quelli con la fama di “difficili” come Lichtenberg – si terranno letture informali gratuite e di facile accesso, i cosiddetti Poets Corner.

Ma in particolare c’è una serata che io non ho intenzione di perdere. È sabato 7 giugno ed è tutta dedicata alla poesia sorta parallelamente al movimento di contestazione di Gezi Park.
Ve lo ricordate, Gezi Park? Una pacifica protesta per salvare il poco verde del centro di Istanbul si è trasformata l’anno scorso, a causa della violenta repressione e censura del governo, in una protesta nazionale.

Ma che c’entra la poesia con la protesta? L’opera poetica non è un qualcosa di personale, individuale,  oppure qualcosa che viene sempre dopo, quando la protesta è finito, e al massimo è capace di raccontarla e rielaborarla nei versi?

Sicuramente non in questo caso: per esempio, durante le silenziose proteste degli “standing men”, “duranadam”, venivano lette e distribuite opere poetiche (è diventato un’icona il ragazzo che leggeva ad alta voce in piedi davanti ad una ruspa); versi venivano scritti sulle facciate delle case e dappertutto venivano organizzate letture e performance di poesia.

Sono molto curiosa di vedere, e ascoltare, gli ospiti presenti all’evento.  Nonché di vedere che pubblico sarà presente, e con che modalità, visto che a Berlino risiede una larghissima comunità turca. Sono anche curiosa di ascoltare il concerto finale: rap turco (non ci capisco niente, ma pare abbastanza arrabbiato) della band Panzehir.

Se invece vi incuriosisce il rapporto tra poesia e arti visuali, soprattutto video, la serata di domenica 8 giugno, con la “serata del film poetico”.

Qui il programma del festival, in inglese:

http://www.literaturwerkstatt.org/en/poesiefestival-berlin/programm-2013/gesamtuebersicht-201

 

 

Caffé e limoni per colazione

Le mattine di vacanza ho un rituale un po’ strano.

Assieme al caffè in una tazzina di Amalfi dipinta in gallo ed azzurro (il caffè, in quella tazzina, è più buono), mi prendo una decina di minuti per rileggermi „I limoni“ di Montale.

Non so perché proprio „I limoni“: forse perché si trova in un libriccino che ha trovato il suo posto stabile sul frigorifero e che sono troppo pigra per spostare; o perché il libretto si apre sempre proprio a quella pagina lì; o perché nella spesso grigia e ventosa Berlino mi piace la sferzata di luce che chiude il poema, anch’esso in parte grigio e ventoso (in senso meteorologico ed esistenziale).

Ricordo ancora la fatica nell’imparare la poesia a memoria alla scuola media: le parole sconosciute, ostiche (cosa mai saranno i „bossi, ligustri e acanti“?), il ritmo che pian piano si fa strada e conquista la voce, il disagio esistenziale che ero già abbastanza grande per percepire e ancora troppo piccola per riconoscere,; e poi gli improvvisi sprazzi di versi che illuminano la poesia e danno un attimo di tregua: „e piove in petto una dolcezza inquieta“,“la luce si fa avara -amara l’anima“ o il meraviglioso „qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza /ed è l’odore dei limoni“).

Ma al di là delle singole frasi è proprio il cammino, i richiami tra i singoli versi, il loro procedere con passo sicuro, la ricchezza delle prospettive che ci aprono, a conquistarmi.

Lo dico perché proprio stamattina, in un numero de „La lettura“ del Corriere della Sera (il 23 maggio, se a qualcuno interessa), leggo una polemica sulla moda di estrapolare e citare in rete frasi di scrittori e poeti fuori contesto. Certo, la rete è veloce e quel che capita in rete è fatto per essere consumato in fretta. M a alle volte vale la pena di prendersi un po’ di tempo.

Con lo stesso gusto di chi intraprende una camminata su una mulattiera di mare, sotto il sole, tra pruni e sterpi, e sudato e affaticato si accorge di uno scorcio di mare, di un profumo estivo, sente il piacere delle chiazze d’ombra sulla pelle, e ringrazia il cielo di essere andato a piedi e di non aver preso la macchina.

Quindi ecco la poesia, intera.

 

 

I limoni

Ascoltami, i poeti laureati

si muovono soltanto fra le piante

dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantanoi ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall’azzurro:
più chiaro si ascolta il susurro
dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest’odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l’odore dei limoni.

Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s’abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d’intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno piú languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.

Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rurnorose dove l’azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta
il tedio dell’inverno sulle case,
la luce si fa avara – amara l’anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo dei cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d’oro della solarità.

 

Eugenio Montale

 

Té alla menta, politica e poesia: voci del Mediterraneo in diretta da Tunisi

Un festival di poesia o di letteratura è sempre tante cose diverse: le facce degli autori, che non sono mai come te le aspetti; l’atmosfera di un posto, la sua luce e le sue voci; le delusioni e le scoperte. Ma a fare una grande differenza è anche il pubblico.

Al festival della poesia di Berlino, per esempio,gli ascoltatori (paganti) sono ordinati,quieti, e pongono domande intelligentissime che si sono preparati in anticipo, a casa, leggendo sui poeti tutto lo scibile possibile.

Al festival della poesia Voix vives di Sidi Bou Said, graziosissimo quartiere “bene” di Tunisi, il pubblico è allegro e indisciplinato ed entra ed esce dalle manifestazioni (gratuite) come gli pare, fruendo delle poesie in un modo poco usuale ma non per questo meno legittimo: a spizzichi e a sprazzi.

Non capita spesso, per esempio, di vedere un signore rubare letteralmente la sedia ad una traduttrice per offrirla alla propria infiocchettata signora; e è tenerissimo il gruppo di ragazzini arabi che ascolta attento il finale di un poema, applaude entusisasta e prima di uscire chiede cortesemente ad una signora il significato in arabo della parola francese “s’exprimer”, esprimersi, pronunciata dal poeta.

E un po’ viene da invidiarlo, questo pubblico dall’atteggiamento così poco formale, perché il programma del festival è veramente intenso. Tra casette bianche e blu da cartolina, dolcissimi té alla menta, improvvisi squarci sul mare e un va e vieni di coppiette che sperano forse di cogliere qualche verso d’amore (speranza quasi sempre vana) si alternano tredici poeti dall’area mediterranea di stili molto diversi.

C’è la classe e la profonda leggerezza con cui Vénus Khoury- Ghata, gran dama della poesia libanese in lingua francese, vincitrice del premio Goncourt, narra i traumi della guerra; c’è il corpo femminile esplorato e cantato dalla tunisina Amel Moussa; ci sono gli intervalli rinfrescanti della poesia –performance di Claudio Pozzani o di Patrick Dubost ; come ovvio per un festival che si dedica all’aerea del Mediterraneo ci sono poeti la cui poesia è un continuo confronto con i temi della guerra, della prevaricazione, della sofferenza di interi popoli, al à del dichiarato impegno politico, come è il caso il giovane palestinese Najwan Darwisch, già tradotto in inglese e francese.

Spero di avere l’occasione di presentarvi prossimamente alcuni di questi poeti più da vicino, come miei ospiti. Per ora, qualche foto, tanto per dare un assaggio dell’atmosfera.

 

Due poesie di Roberto Agostini

In ogni salotto  che si rispetti c’è un ospite da fare accomodare sul divano e a cui lasciare un po’  la parola.  Quello di oggi è il poeta, giornalista e scrittore Roberto Agostini.

Gli ho fatto, un po’ per gioco, un po’ per sciogliere il ghiaccio, tre domande:

Dimmi i primi tre versi di una poesia o di una canzone che ti vengono in mente.

Mi ritorni in mente, bella come sei…

C’è un libro particolare che vuoi consigliarci? 

Nelle letture vado a ondate. Cerco qualcosa che mi è rimasto nel tempo ed è L’isola del tesoro. Però, con l’aggiunta di un ” fiore” di Baudelaire, sempre.

Una città in cui vorresti andare o in cui vorresti ritornare.  

È la città dove arrivai a diciannove anni, in una meravigliosa quasi alba, la città dove pensai di essere già nato: Parigi. Se vinco alla lotteria…

E ora lascio parlare le sue poesie

 

DOVE SEI E DOVE SEI

chiuso nel mio rifugio sento la pezza

fatta di lana

e la stella

stessa

e la tua bocca

che è stata una ridicola cesura

 

e quando la tormenta batterà

dall’alba

scambieremo

neve eterna

 

continua

e di seta avvolgi frutta

perché conosco il bruto

sui quaderni d’aquiloni

(da “PLAQUETTE”)

 

MILANO

 

Spogliati in autunno, veniamo dai letti,

coperture, soffici, umbrae,

schiere, tralasciati o interrotti con lampade

appena

 

Spogliati della fonte inestinguibile, che non sapevamo, capiamo,

il lumicino e la sua corda, per queste giornate e queste labbra di cera

(da “ONDE DEL RITORNO”)

 

Un accenno biografico:

Giornalista e scrittore, Agostini è nato a Milano, dove si è laureato in filosofia e diplomato in regia alla Scuola del Piccolo Teatro. Ha lavorato nell’informazione e nell’editoria, è stato critico teatrale per La Repubblica, collaboratore di periodici e trasmissioni radio-televisive, direttore editoriale. Sue pubblicazioni sono apparse da Rizzoli, Fabbri, Pearson, Mondadori-Dorling-Kindersley, RBA, NER, Ubulibri. Le sue raccolte poetiche – segnalate ai premi Lorenzo Montano e Giovanni De Scalzo – sono: Mattini antartici (2008), Plaquette (2012), Onde del ritorno (2012), Minime (2013) e il poema La creazione. Dal 2008 organizza gruppi di scrittura e lettura in biblioteche e librerie. La Scuola di Scrittura Roberto Agostini è presente su Facebook. Vive fra Milano e Berlino.

 

La sua pagina su fb è

https://www.facebook.com/ScuolaDiScritturaRobertoAgostini?fref=ts

 

Poesia in riva al mare: perché no? Il Festival di poesia del Mediterraneo “Voix vives”.

Mettiamo che vogliate leggere poesie contemporanee. Mettiamo che non siate esperti del settore, che non abbiate liste di letteratura critica, che non abbiate amici poeti che vi consigliano, e che le librerie nelle vostre vicinanze abbiano un reparto dedicato alla poesia che contiene giusto il repertorio di default, un paio di Baudelaire e le raccolte di Gibran e Hesse.

Non vi rimane che affidarvi ai motori di ricerca. E qui il gioco si fa duro: non perché ci sia troppo poco, ma perché c’è troppo. A chi affidarsi? Cosa leggere? Dove? E queste lunghe, infite liste di nomi, bisogna cliccarli tutti?

È per questo che mi piacciono i festival di poesia: mi semplificano le cose. Mi servono i bocconcini, diciamo, sul piatto, e spesso si tratta di prelibatezze.

E ascoltare la poesia letta in lingua originale dagli autori è – nella maggior parte dei casi – una prelibatezza ulteriore.

Certo, direte voi, si tratta di un hobby un po’ costoso, frequentare festival di poesia in giro per il mondo.

La buona notizia è che spesso queste manifestazioni vengono organizzate in posti bellissimi – e magari fuori dai giri dei percorsi turistici più battuti. Posti da scoprire, insomma. Quindi si possono abbinare vacanze e poesie. Se volete programmarvi le ferie curiosando tra qualche festival, ecco un primo consiglio.

Il festival che personalmente mi fa più gola è il Festival che si svolge a Sète, nel sud della Francia, ogni luglio. Non solo Sète è la città natale di Paul Valéry, è anche una cittadina deliziosa su una lingua di terra tra una laguna e il mare. E il festival “Voix vives”, “Voci vive”, dedicato alla poesia del Mediterraneo (con ospiti degli “altri Mediterranei del mondo”, per esempio il Sud America), ha una grande tradizione e un programma assolutamente appetitoso. Interessanti e ben curate sono anche le antologie annuali pubblicate in occasione del festival.

Ecco il sito ufficiale di Voix Vives, quest’anno dal 18 al 26 luglio.

http://voixvivesmediterranee.com

Se Sète non vi interessa, ma i poeti sì, potete andare alle altre manifestazioni del Festival, in tre città (tutte bellissime) del Mediterraneo.

Il prossimo appuntamento sarà questo venerdì e sabato a Tunisi, nel quartiere di Sidi Bou Saïd:

http://voixvivesmediterranee.com/sidibousaid/

 

Immagine

Poi sarà ci sarà una tappa a Genova (in occasione del Festival della poesia di Genova), il 6/7 giugno. Il vantaggio di andare a Genova (oltre al fatto che Genova è una città tutta da scoprire): le poesie sono tradotte in italiano…

http://voixvivesmediterranee.com/genova/it/

Immagine

Per finire con Toledo il 5/6/7 settembre:

http://voixvivesmediterranee.com/toledo/

Immagine

(Immagini tratte dal sito di “Voix Vives”)

 

Articolo da abbinare possibilmente a: Pastis profumato da sorseggiare in riva al mare, fiume, lago, o pozzanghera, in mancanza di meglio.

 

Una perla dalla libreria dell’Istituto del mondo arabo di Parigi: il poeta Mohamed al-Maghout

 Istituto del mondo arabo

Se siete a Parigi e vi incuriosisce la poesia in lingua araba (io mi ci sono appassionata dopo aver sentito alcuni poeti palestinesi e tunisini dal vivo al Festival di Poesia di Genova), programmate un po’ di tempo per spulciare la libreria dell’Istituto del mondo arabo. Sgomiterete tra turisti in cerca di souvenir e classi di studenti in gita scolastica, ma ne varrà la pena. Io sono riuscita a portarmi a casa, assieme ad alcune antologie, due piccole perle.

La prima è una raccolta del poeta siriano Mohamed al-Maghout. Non lo conoscevo assolutamente, ma il titolo della raccolta mi è parso irrestibile. „La joie n’est pas mon métier“, letteralmente „La gioia non è il mio mestiere“.

Le poesie di al-Maghout (morto nel 2006 a settantadue anni) irradiano esattamente quello che mi affascina della lirica contemporanea di lingua araba: la capacità di unire impegno politico e vissuto personale, con parole e immagini originali e dirette per denunciare la „malformazione del mondo“, come la definisce il poeta siriano.

Le poesie del libretto che ho comprato sono tradotte dall’arabo al francese da un altro grande poeta (marocchino, questa volta): Abdellatif Laâbi. Spero che mi perdonerete il seguente maldestro tentativo di traduzione dalla versione francese di Laâbi: si tratta della parte iniziale di una lirica ed è solo per dare un esempio di ciò che intendo. Non è nient’altro, insomma, che un piccolo aperitivo della poesia di al-Maghout.

Stretta di mano a maggio 

-Hai trovato un lavoro?

-No.

-Hai scritto qualcosa?

-No.

-Hai amato qualcuno?

-No.

No…Ma sento in me l’ebbrezza del boia

il sollievo dell’aviatore che sgancia le bombe

sul suo paese

Questo cielo blu mi deprime

e questi marciapiedi lunghi e lisci

accendono il mio desiderio

La terra, il cielo e le montagne enormi

il fango, il furore

e la musica dolce mi fanno pena

Ma la mia voce è bassa e debole

Il mio cuore va e viene, bolla sotto la pelle

uccello verde tra due nuvole abbandonate

Le nostri menti si sono decomposte sui banchi

e i nostri nasi si sono contorti a furia di baci

-Partirai?

-E perché?

(…)

L’altra perla che mi sono portata a casa è una raccolta della poetessa israliana Tal Nitzan: ma di lei parlerò più diffusamente in un altro post.

Per quanto riguarda l’Istituto del mondo arabo, invece, c’è anche un dulcis in fundo: se il tempo è clemente, potete portarvi i libri all’ultimo piano e leggervi sulla terrazza con vista su Senna e Notre Dame, oppure potete cominciare subito a macchiarli di unto divorando falafel e altre specialità alla mensa, deliziosa e, contando i prezzi parigini, tutto sommato abbordabile.

Istituto del mondo arabo:

http://it.wikipedia.org/wiki/Istituto_del_mondo_arabo

http://www.imarabe.org/

 

CAM00807~2[1]

 

Lettura del giornale con body bag

Non ti ho mai visto e se ti osservo

lo sguardo ricade sull’asfalto.

Piove troppo, lo capisci,

per pensare.

 

Dalle vetrine sulla strada un appello

Show us how beautiful you are. 

La conoscevi, tu, la bellezza?

O avevi già da sempre

un anticipo di morte nella bocca?

 

Anyway: per l’occasione il giornale

ti regala una parola di un blu

dentistico, neutrale: la parola

all’avanguardia con cui entrare

nella magnifica sorte progressiva

che invalida il dolore individuale

 

Perché tu e i tuoi anonimi compagni

stipati sul suolo di una palestra, di una scuola,

trascinati su una spiaggia o ripescati

da un’anonima miniera – oggi,

dice il giornale, avrete la vostra

body bag personale.

 

http://en.wikipedia.org/wiki/Body_bag

 

Nicoletta Grillo