Lui si chiama Najwan Darwish ed è una delle voci più interessanti della poesia araba contemporanea. È palestinese; le sue poesie parlano di oppressori ed oppressi, di una quoditianità fatta di bombardamenti, di una normalità stranita e surreale, amarissima. E lo fa con un tocco inconfondibile, con un’ironia lucida e spiazzante. Quando lo incontriamo al festival di poesia di Tunisi dice di non voler scrivere poesia dichiaratamente politica, ma che lo scrittore è, come tutti, preso nel mondo, e che non può fare a meno di parlarne. Ci descrive le difficoltà che incontra ogni volta che esce da Gerusalemme per la sua attività di poeta e giornalista, degli interminabili interrogatori in aeroporto. Racconta e ride: è l’ironia la dignità più forte.
Nato nel 1978 da genitori palestinesi esiliati a Gerusalemme, Darwish ha esordito nel 2000. Le sue poesie sono tradotte in 19 lingue.
Le traduzioni che presento qui sono dal francese e dall’inglese, dalle raccolte Nothing more to lose (NYRB 2014), e Je me lèverai un jour (Al-Feel, 2012).Spero che presto qualche arabista ci pensi lui…
Sonno a Gaza
Fado, dormirò come si dorme
quando gli aerei bombardano
e l’aria si lacera
come carne viva
Sognerò dunque di tradimenti
come si sogna dormendo
quando gli aerei bombardano
A mezzogiorno mi sveglierò
per interrogare la radio
come fanno tutti gli altri:
C’è una tregua? Quanti morti?
Ma la mia tragedia, Fado,
è che ci sono due tipi di persone:
Quelle che buttano le loro sofferenze
e i loro peccati in mezzo alle strade
per potersi addormentare
E quelli che fondono le sofferenze
e i peccati in forma di croce
e la portano in processione
per le strade di Babilonia, di Gaza e di Beirut
gridando: Ancora!
Ancora!
Due anni fa camminavo
per le strade di Dahieh
alla periferia sud di Beirut
e trascinavo una croce grossa
come le macerie di un palazzo
Ma ora, chi toglierà la croce
dalla schiena di un uomo sfinito a Gerusalemme?
La terra: tre chiodi
E la misericordia: un manganello.
Colpisci, Dio,
colpisci con gli aerei
Ancora!
Il bus degli incubi
Li ho visti infilare le mie zie
in sacchi di plastica nera
dove il loro sangue caldo
si accumulava in pozze
(Ma io non ho zie)
Ho saputo che hanno ucciso Natasha,
mia figlia di tre anni
(Ma io non ho figlie)
Mi è stato detto che hanno violentato mia moglie
l’hanno trascinata per le scale e poi lasciata per la strada
(Ma io non sono sposato)
Non c’è dubbio, gli occhiali che i loro stivali
hanno fatto a pezzi sono proprio i miei
(Ma io non porto occhiali)
…
Dormivo a casa dei miei genitori
e sognavo di andare da lei. Al risveglio
ho visto i miei fratelli
impiccati al soffitto
della chiesa del Santo Sepolcro
Mosso a pietà, Dio diceva: „Questo
è il mio dolore“.
Io raccoglievo l’orgoglio degli impiccati e dicevo:
„No, è il nostro!“
…
Il dolore illumina e mi diventa più caro
dei miei stessi incubi.
….
Non fuggirò a Nord
Dio
Non mettermi tra quelli che cercano
un rifugio
-continueremo più tardi a fare questi conti
Adesso è ora di andare a dormire
non voglio essere in ritardo per il bus
degli incubi che va a Sabra e Shatila…
Il paradiso
Ci risvegliammo un giorno in paradiso
e gli angeli ci colsero di sorpresa
brandendo contro di noi strofinacci
e manici di scopa
– Il vostro alito odora di alcol
le vostre tasche sono tutte piene
di poemi e di eresie…
-Calmatevi, servitori di Dio, gli abbiamo detto:
desideravamo solo passare una mattina
ad Haifa. I nostri sogni ci hanno portato qui
per errore.
Chi si ricorda degli Armeni?
Io mi ricordo di loro:
con loro ogni notte
salgo sul bus degli incubi
con loro stamattina
bevo il mio caffè.
Ma voi, assassini –
Chi si ricorda di voi?
Maria
Ultimamente mia madre è ossessionata
dai libri su Gesù. Vicino al suo letto pile
di volumi, spesso presi in prestito
dalla mia biblioteca: romanzi, manuali, confessioni,
autori in polemica tra loro. Se mi capita di passare
vicino alla sua stanza, subito mi chiama perché
io intervenga a dirimere le loro questioni.
(Poco tempo fa, ho soccorso uno storico di nome Kamal Salibi
a cui una pietra cattolica aveva squarciato la fronte)
Prende le sue ricerche su Gesù molto sul serio,
questa donna che ho sempre deluso – non sono caduto
martire ai tempi della prima Intifada, né nella seconda,
e nemmeno nella terza.
Detto tra noi, non cadrò martire in nessuna
delle prossime intifada.
E non morirò ucciso da una cicogna imbottita di esplosivo.
…
Lei legge e la sua immaginazione ortodossa mi
crocifigge ad ogni pagina
E io non faccio nient’altro che rifornirla
di libri e di chiodi!
Come questi alberi
Gli alberi oscillano
ben attenti a non cadere
Perché se gli alberi cadono,
la terra qui non li accoglie:
né lei né nessun altro.
E visto che gli alberi
non riescono più a sopportare il marcire delle radici
visto che hanno scelto di diventare alti nel vento
devono pagarne il prezzo e cadere senza fine.
E per questo, ti prego, quando cammini in bilico
sui marciapiedi, stai attento
perché anche tu cadrai senza fine
Non c’è niente di male ad immaginare alberi
che si dondolano assieme a te
e un vento che ti prende al volo mentre cadi
Tu che hai vissuto come questi alberi,
senza terra
né radici.
L’immagine è tratta dal film “Waltz with Bashir” di Ari Folman.